Cappuccini Marche

  • BEATI

    Beato Bernardo da Offida

Si chiamava Domenico Peroni e nacque a Offida il 7 novembre 1604, l’anno in cui morì il conterraneo San Serafino da Montegranaro. Quando lo seppe si propose di imitarne le virtù, senza perdere di vista quelle di Giuseppe da Lama, santo anche lui, ma senza aureola, di cui si faceva un gran parlare. Figlio di contadini, gli fu affidata la custodia del piccolo gregge di casa che accompagnava nei campi e lasciava libero di pascolare come e dove voleva, sicuro che non avrebbe sconfinato nelle proprietà altrui. Avveniva proprio così e lui ne approfittava per inginocchiarsi e pregare davanti a un crocifisso che appendeva al tronco di un albero. Se ne accorsero altri pastorelli che accorrevano a vederlo e che invitava a pregare con lui, garantendo che anche il loro gregge avrebbe rispettato i campi dei vicini. A ventidue anni bussò al convento dei cappuccini che ne avevano sentito parlare e che lo inviarono a Camerino, dove cambiò nome e vestiti.

Finito l’anno di formazione fu mandato in vari conventi come cuoco, infermiere, portinaio, questuante, ortolano. Tra i tanti lavori preferì questo perché poteva riservare un angolo in cui coltivava verdure che distribuiva ai poveri. Lo seppe il padre provinciale che volle rendersi conto se era davvero santo come dicevano i confratelli. Una mattina entrò nel suo orticello, mise tutto a soqquadro e si nascose per vedere come avrebbe reagito. Quando arrivò e vide quel disastro, disse a fior di labbra: “Pazienza; qualcuno ha voluto fare un dispettuccio”. Tutto qui.

L’iconografia lo ricorda in piedi accanto a un crocifisso che forma un tutt’uno con la sua figura. La sua devozione al Crocifisso e alla Vergine è sapienziale, ridonda di sapienza celeste che qualche volta lasciava stupiti i dotti e i teologi.

Quando toccò i 65 anni fu mandato a Offida come cercatore e propose di bussare alle porte più per portare che per chiedere: portare consigli, incitamenti al bene, raccomandazioni. La gente lo aspettava come una benedizione del cielo e ne approfittava per raccomandarsi alle sue preghiere, soprattutto quando si cominciò a parlare di grazie e miracoli: guarigioni di ogni genere e perfino la risurrezione di un bambino. Glielo portò una madre mentre agonizzava e lo posò sulle braccia, dove morì. “Fra Bernardo, me l’hai ucciso tu; è colpa tua. Ridammelo”. Fra Bernardo non rispose: si avviò in chiesa col bambino morto e lo depose sull’altare della cappella dedicata a San Felice da Cantalice. Si inginocchiò e si immerse in una preghiera lunga e silenziosa. La madre del piccolo l’aveva seguito e piangeva nascondendo il viso in un fazzoletto. C’era attorno un silenzio da elevazione. A un certo punto si udì un vagito, poi un altro e un altro ancora. Allora fra Bernardo si alzò, prese il bambino, lo consegnò alla madre e si ritirò subito in convento.

Un altro giorno, mentre questuava in campagna, gli si avvicinò un pastore chiedendogli di aiutarlo a ritrovare un agnello che gli era stato rubato. “Rubato, frate Bernardo; rubato, credetemi”. “Andiamo; vieni con me” gli rispose il frate cercatore; e si avviarono verso una fornace persa nella campagna. “Sapete nulla di un agnello scomparso ieri? chiese agli operai”. “Agnello? Quando mai, frate Bernardo; qui nessuno si muove se non vuole perdere il lavoro”. “Lo so; ma non è che…” Poi domandò al pastore: “Come lo chiamavi l’agnello?”, “Martino, frate Bernardo; Martino”. Il frate cercatore si avvicinò alla fiamma della fornace fino a sentirne la vampa, incurante degli operai che gli gridavano di non avvicinarsi troppo “perché non vogliamo andarci di mezzo noi”. A un certo punto gridò: “Martino, vieni fuori”. All’improvviso la fiamma si divise in due lingue roventi e in mezzo apparve l’agnellino che, belando, spiccò un salto e si rifugiò nelle mani di fra Bernardo che lo restituì al padrone.

La sua vita fu un susseguirsi di grazie e di miracoli che lo fecero conoscere non solo nel contado di Offida, ma in tutto l’ascolano, da dove i malati partivano per andare a trovarlo in convento e chiedergli guarigioni “che si ottengono sempre e non costano nulla” dicevano.

Arrivò a novant’anni, un’età eccezionale a quei tempi, e morì il 22 agosto 1694. Fu beatificato un secolo dopo: il 25 maggio 1795 da papa Pio VI. Gli offidani lo venerano con la stessa fede dei loro antenati, ottenendone grazie e favori celesti.