In Benin, non molto lontano dal confine con il Togo, nella piccola città di Djanglanmey nel comune di Comè, dal 1983 è attivo un centro di educazione e formazione per ragazzi e ragazze non vedenti e ipovedenti. Ad oggi questo centro, che dista circa 60 km da Cotonou, è gestito dalle suore “Servants de la lumière du Christ”. In molti stati dell’Africa, anche a causa di culture tribali e religioni che non mettono al centro l’uomo, ogni forma di disabilità viene spesso considerata come portatrice di sventura e in casi purtroppo frequenti i bambini vengono abbandonati o addirittura uccisi. Ecco che un centro di questo tipo rappresenta, oltre che un’opportunità per il futuro, anche una forma di vera e propria salvezza.
“Siloe” sta proprio a significare questo. Preso dal passo del Vangelo di Giovanni nel quale il Signore dà la vista ad un uomo cieco dalla nascita dopo avergli messo del fango sugli occhi ed averlo mandato a lavarsi nella piscina di Siloè.
Le suore lo sanno benissimo cosa significa ed è per questo motivo che ogni giorno si impegnano affinché oltre 45 tra bambini/e e adolescenti possano “vedere” una luce di speranza per le loro vite. Il centro offre la possibilità, ad ognuno di loro, di ricevere tutte le cure mediche quotidiane necessarie, di sviluppare le proprie abilità manuali e di intraprendere un percorso di scolarizzazione, per i più piccoli all’interno del centro stesso, per i più grandi nelle scuole pubbliche dei villaggi. Molto importante è proprio abbattere quel senso di emarginazione con il quale hanno dovuto convivere fin dalla nascita, e la socializzazione rappresenta appunto una forma di aggregazione che fa bene in primis a loro stessi, ma anche alle loro famiglie per aiutarle a comprendere che disabilità non significa sventura.
Anche le attività manuali che vengono proposte hanno due scopi importanti. Il primo è quello, come già detto, di sviluppare alcune capacità dando loro la possibilità, attraverso la realizzazione di collane, braccialetti, borse, vasi, stuoie di vimini ecc…, di imparare un mestiere che possa renderli in futuro autosufficienti. In secondo luogo, la vendita dei prodotti realizzati contribuisce all’autosostentamento del centro stesso.
Siloe se non è l’unico, è uno dei pochissimi centri in Benin che si occupa di problemi legati alla cecità. Esistono molte più strutture che fungono da lebbrosari o da poli di riabilitazione motoria, assolutamente necessari per fronteggiare altri tipi di emergenze ma, nello steso tempo, tutelare la preziosa attività delle suore rappresenta davvero una ricchezza per l’intero Paese.
La gestione è attualmente in mano a quattro di loro, che possiedono una formazione specifica per poter seguire al meglio i ragazzi, aiutate dalla presenza di una consorella cieca sin dall’infanzia che funge per loro da guida, esempio e testimonianza.
Ci sono poi insegnanti per le lezioni all’interno del centro, ed alcuni volontari che accompagnano i ragazzi che frequentano le scuole pubbliche. Il percorso dura tutto l’anno mentre durante le vacanze estive, da luglio ad ottobre, possono tornare tutti a casa per stare con le famiglie alle quali, a loro volta, vengono proposti percorsi per comprendere che alcune credenze tribali non abbiano alcun fondamento in quanto non mettono al centro l’amore per il prossimo.
Il nostro è un sostegno che dura da moltissimi anni ormai. Vengono donati 3.000€ ogni anno per aiutare le suore a fronteggiare tutte le criticità del momento ed alcuni ragazzi fanno parte del progetto di adozione a distanza. I frati hanno anche acquistato un campo coltivabile, nel villaggio di Oumako, non troppo lontano e che si sta pensando di dare in gestione alle famiglie di questi ragazzi per dar loro un’ulteriore forma di sostentamento. Per ora questa è un’idea in fase di valutazione, ma sicuramente soltanto con il sostegno di voi benefattori, che credete nel lavoro quotidiano delle Missioni Estere dei frati cappuccini delle Marche e dei loro missionari, che grandi cose possono essere fatte.
Ogni volta che andiamo a far visita al centro Siloe capiamo quanto la nostra cecità di fronte alle diseguaglianze del mondo sia molto più limitante di quella di chi, nonostante non riesca a vedere, confidi che il mondo possa essere un posto migliore per tutti, senza discriminazioni e disparità.
Maurizio, un volontario partito per il Benin con noi nel 2019, rivolgendosi a loro disse: “Quando tornerò a casa non sentirò la vostra mancanza, ma la vostra presenza”.
Non dimentichiamoci mai di amarci gli uni gli altri come Lui ha amato noi.


