Cappuccini Marche

LA REGOLA BOLLATA

Cappuccini Marche

Il circolo della fraternità
Fra Pietro Maranesi

Il capitolo X costituisce uno dei testi della Regola “più di Francesco”. In esso è affrontato un tema assolutamente centrale della sua visione evangelica: le relazioni interne tra i frati. Essi, infatti, avrebbero dato visibilità e autenticità alla scelta della “sequela di Cristo” solo istaurando tra loro uno stile circolare di mutuo servizio, quale forma evangelica nel gestire l’autorità all’interno della fraternità.

Nel capitolo si cerca di specificare i ruoli che dividevano i due gruppi di ogni fraternità: “i frati ministri e servi comandino” e “i frati sudditi obbediscano”; entrambi però dovevano essere guidati da un duplice criterio nel mettere in pratica i due impegni: l’osservanza della Regola e il rispetto dell’anima del singolo (Rb X 1-3). I due gruppi, pur nella diversità dei ruoli, erano chiamati dunque ad “ascoltare” la complicatezza della vita per comprendere quale fosse la via del Vangelo. La diversità delle loro funzioni non doveva pertanto essere vissuta secondo uno schema piramidale ma circolare. Anche i termini qualificativi, fondati sul servizio, mostravano la natura fraterna con cui realizzare una mutua corresponsabilità: da una parte i “frati servi”, dall’altra i “frati sudditi”.

Conferma decisiva di questo stile circolare è data da quanto viene richiesto ai ministri qualora dovessero occuparsi di un loro fratello che si fosse accorto di “non poter osservare spiritualmente la Regola”: «I ministri, poi, li accolgano con carità e benevolenza e usino nei loro confronti tanta familiarità, che quelli possano parlare con loro e fare come i padroni con i loro servi; infatti, così deve essere, che i ministri siano servi di tutti i frati» (Rb X 5). In questo caso Francesco ripropone quanto già stabilito nella precedente Regola (Rnb VI 2), dove aveva assunto la richiesta fatta da Gesù ai suoi discepoli per difenderli da un demonio molto pericoloso, chiamato “potere”: “chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti” (Mc 10,44).

Anche per Francesco di Assisi il vero pericolo in una fraternità non era costituito tanto dalle difficoltà e fragilità relazionali, che potevano esservi tra i frati, quanto dall’impossibilità di gestirle da parte del responsabile secondo lo spirito del servizio. Si trattava, infatti, di realizzare uno stile “familiare” tra di loro! E per far ciò la fraternità doveva essere “governata” da un “servo” (Rb X) e da una “madre” (Rb VI), gli unici capaci di creare fiducia e affidamento tra i frati, condizioni indispensabili per trasformare le difficoltà relazionali in “una grazia”, cioè in un’opportunità di crescita verso legami più adulti e autentici.

Tratto dal mensile di Frate Indovino (supplemento Voce Serafica Assisi) – fasc. 11-2023

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