Da anni al fianco di Abba Marcello Signoretti nella conduzione dello “Smiling Children Town” di Soddo, Wondesen risponde ad alcune domande sulla situazione in Etiopia, flagellata da guerra e pandemia, e sulle impressioni del suo ultimo viaggio in Italia.
intervista di Giuseppe Pacini
Ciao Wondesen, come stai? In questi due mesi trascorsi in Italia, che impressione hai ricevuto dall’incontro con tanti amici che vi sostengono in vario modo?
L’Italia è un Paese fantastico, con una cultura e una storia uniche. Una delle prime cose che mi ha colpito è che il popolo italiano è davvero accogliente, premuroso, generoso, collaborativo ed educato. Quando vengo lì mi sento a casa, le persone che incontro sono sempre molto amichevoli e ogni volta che ho avuto bisogno di qualcosa non hanno mai esitato ad aiutarmi. La cosa che mi rende davvero felice è che tutto è esattamente come me lo aspettavo. Durante il mio ultimo soggiorno ho trovato tutto molto interessante. Avendo prolungato il soggiorno per 2 mesi, ho avuto modo di fare nuove conoscenze, tutte fantastiche, simpatiche e davvero di mentalità aperta. In Italia puoi parlare con chiunque e in qualsiasi momento, e se ti perdi o se hai bisogno di qualcosa, saranno sempre pronti ad aiutarti.
Nella nostra vita la gente entra ed esce, ma le relazioni che si basano sull’onestà, sull’amore, sulla cura e l’integrità, avranno sempre un posto speciale nei miei ricordi. Infine, non posso terminare senza dire che il cibo è delizioso.
Negli ultimi mesi sono arrivate dall’Etiopia notizie poco rassicuranti riguardo la guerra civile. Che effetti ha avuto sulla stabilità dell’intero Paese, e del Wolayta in particolare?
È passato quasi un anno dall’inizio della guerra in Etiopia; questa ha avuto un enorme costo umano, con migliaia di morti, milioni di sfollati e molti altri con un disperato bisogno di assistenza. Ma questo non è l’unico danno. La guerra, infatti, ha causato un grandissimo incremento del costo della vita che potrebbe richiedere anni per essere riparato. Ne abbiamo pagato le conseguenze per il servizio di telecomunicazioni, per l’elettricità, i servizi bancari e per il mancato accesso di associazioni che si prendono cura dei nostri problemi umanitari. In generale, la guerra sta avendo un enorme impatto sull’economia etiope e in particolare sulla nostra regione del Wolayta. Le spese mensili sono infatti raddoppiate ed il costo della vita sta diventando davvero inaccessibile. I prezzi per il cibo, il carburante, i vestiti, ecc. hanno subito un brusco incremento tanto che l’Etiopia, a detta degli esperti, sta attraversando una delle peggiori crisi economiche della storia: proprio a causa dell’impatto combinato dei conflitti nel Tigray e del COVID-19. Tutto questo non può che portare, in tante regioni del nostro Paese, ad un clima di disordine e a situazioni di forte carestia.

A tal proposito, molti ci chiedono come sia la situazione COVID-19 da voi a Soddo. Cosa sta succedendo e come vivono tutto questo i bambini del centro “Smiling Children Town”?
La lenta crescita economica, l’alta inflazione, l’alta disoccupazione, il gran numero di sfollati e un sistema sanitario gravemente sottofinanziato sono gli inizi dell’effetto della pandemia in Etiopia.
Quando abbiamo iniziato a sentire parlare di COVID-19, non ci siamo allarmati, perché sembrava tutto molto lontano da noi. Ben presto, però, sono giunte alle nostre orecchie storie di persone che soffrivano e morivano ed abbiamo cominciato ad avere paura. Piano piano ci siamo immaginati come sarebbe stata la vita se il virus avesse raggiunto l’Etiopia. La domanda più grande che si è affacciata alla nostra mente è stata: “Se le persone nei Paesi sviluppati stanno morendo, chi salverà noi?”. In poco tempo la malattia ci ha raggiunto, e a quel punto non potevamo pensare che fosse un sogno né un brutto scherzo. Non riuscivamo a dormire perché eravamo terribilmente spaventati. A Soddo le condizioni di vita, la densità della popolazione, le pratiche tradizionali, la limitata consapevolezza pubblica e la povertà hanno fatto sì che l’impatto del COVID-19 fosse inizialmente molto intenso. Nel nostro centro “Smiling Children Town” ci siamo rapidamente adattati, abbiamo lavorato – e lo stiamo tuttora facendo – 24 ore su 24, per mantenere i bambini sicuri anche nelle scuole della città. Abbiamo aperto una nostra stanza inutilizzata per l’isolamento dei bambini più vulnerabili, qualora ce ne fosse bisogno, cerchiamo di usare sempre il disinfettante e le mascherine ovunque, evitando di partecipare a riunioni ed assemblee in posti chiusi. Grazie a Dio, siamo stati molto fortunati che nessuno di noi abbia contratto al momento questa terribile malattia.
Abbiamo sempre pregato sperando che un giorno il sole fosse sorto. Questo perché in generale nel nostro Paese, e in particolare nella nostra città, Soddo, la situazione stava peggiorando di giorno in giorno. Non abbiamo mai rinunciato a confidare nel nostro Dio. Abbiamo continuato a pregare affinché tutto questo finisse presto e continuiamo a farlo tuttora per proteggere il nostro Paese e tutto il mondo che soffre a causa di questa pandemia.

Tu, come Abba Marcello e Yohannes, siete a contatto quotidianamente con famiglie in difficoltà. Cosa significa avere la responsabilità di aiutare così tante persone?
La nostra responsabilità verso i poveri non è una questione solo di carità, ma di giustizia. La solidarietà ci insegna ad essere responsabili degli altri. Generalmente gli individui con un reddito più basso subiscono forti disuguaglianze. Non possiamo quindi non sentirci coinvolti: abbiamo la responsabilità di migliorare la vita dei poveri nelle varie comunità. In questo mondo disuguale e sempre più instabile dobbiamo riconoscere le nostre responsabilità verso i più bisognosi.
Ogni giorno abbiamo davanti alla porta della nostra missione una moltitudine di persone che chiedono aiuto. Persone private di tutto, anche dei beni di prima necessità, senza vestiti, senza cibo, spesso anche senza casa. Per quanto possibile stiamo cercando di aiutarle ogni giorno; il nostro grande rammarico è di non poter aiutare tutti. Facciamo del nostro meglio, ma umanamente non è possibile arrivare ovunque.
Non troviamo parole per esprimere l’affetto e l’amore di questa povera gente che ogni giorno ci ringrazia con le braccia alzate al cielo in segno di gratitudine a noi e a Dio. Queste sono le soddisfazioni che ci ripagano delle fatiche e dei sacrifici quotidiani a cui siamo sottoposti.

In un Paese come l’Etiopia, dove l’agricoltura gioca un ruolo fondamentale per il reperimento di cibo, che effetto sta avendo il cambiamento climatico?
L’economia etiope è fortemente dipendente dall’agricoltura: la sua produzione contribuisce a più del 65% del PIL. Tuttavia, il cambiamento del clima sta avendo un forte impatto sui nostri prodotti, che rischiano di mettere in discussione la sicurezza alimentare del Paese. Tutte le persone, in ogni momento, devono avere accesso ad un cibo sufficiente, sicuro e nutriente, per soddisfare i loro bisogni alimentari ed avere una vita sana; ma il cambiamento climatico in Etiopia sta portando all’aumento dei prezzi del cibo, riducendo la possibilità di acquisto di milioni di persone, soprattutto nei villaggi. Inoltre, eventi meteorologici estremi, associati al cambiamento climatico, stanno causando siccità e inondazioni che provocano un relativo aumento della domanda di prodotti animali ed un conseguente incremento dei prezzi della manodopera.

Credi che il mondo abbia davvero a cuore le esigenze che ci sono in Africa?
Cosa ti senti di dire a tutte le persone che non si fidano di fare donazioni per paura che i fondi vadano utilizzati male? I donatori percepiscono se una realtà non è genuina e autentica. Per instaurare questo rapporto di fiducia con i benefattori occorre sempre essere il più trasparenti possibile, essere molto chiari e non perdere occasione di manifestare tutta la gratitudine.
Tanti sono gli strumenti per coinvolgere e far conoscere un’associazione e bisogna usarli tutti; ad esempio, proporre alle persone se vogliono fare volontariato, invitarle ad eventi, mantenere aperto il dialogo aggiornandole sulla vita delle varie realtà. Ancora: dire esattamente a chi saranno devolute le loro donazioni, proprio perché tutti hanno il diritto di sapere cosa succede in altri Paesi del mondo e noi abbiamo il dovere di essere testimoni autentici di speranza ed amore. •
