Esperienze dolorose possono incattivire e condurre ad una visione solamente negativa della vita. Ritrovare un seme di speranza trasforma il male in evento pasquale, in un passaggio ad un’inaspettata rinascita.
di Abel Ansabo
Sono un ragazzo del centro Smiling Children Town della città di Soddo, e vorrei condividere la storia della mia vita con tutti voi.
Quando ero bambino mio padre litigava sempre con mia madre, tornava a casa molto spesso ubriaco e questo lo portava ad avere reazioni davvero violente. La picchiava ripetutamente e la sua ira, il più delle volte, si scagliava anche contro di me e i miei fratelli. Spesso capitava di assistere mentre mio padre percuoteva mia madre. La vedevo piangere e anche io piangevo con lei. Guardare quella violenza e subire quelle percosse mi aveva riempito il cuore di vendetta, e per mio padre non riuscivo a coltivare nient’altro che odio. Ho provato a ribellarmi un giorno, ma la sua rabbia e gli effetti dell’alcol lo portarono a legarmi su di un palo e picchiarmi ancora più forte. Decisi allora di vendicarmi, pianificavo quotidianamente la mia rivalsa e la prima cosa che feci fu scappare di casa, per andare a vivere lungo le strade della città. Come tanti altri bambini, di ogni età, sognavo un futuro diverso allontanandomi da casa. Ognuno ha la sua motivazione: c’è chi per esempio è costretto dalle estreme situazioni di povertà familiari, in questo caso sono spesso i primogeniti a lasciare la possibilità ai fratelli più piccoli di avere una razione di cibo in più. Il divorzio dei genitori, o la loro morte, rappresenta un’altra grande motivazione per abbandonare tutto e scappare via e, non poi così raramente, ho conosciuto bambini che, come me, se ne sono andati di casa per non subire estreme punizioni fisiche per un errore commesso. Ad ogni modo, sappiamo che ognuno di noi ha avuto un buon motivo per scegliere la strada, anche perché l’immagine che si ha della città è quella di un posto dove poter studiare e dove le prospettive possono essere sicuramente migliori che nei villaggi dai quali proveniamo.
Io, nello specifico, sono venuto a Soddo per lavorare duramente, in modo da riuscire ad aiutare mia madre a sfamare i miei fratelli e le mie sorelle a casa, e nel frattempo far pratica su come vendicarmi contro mio padre. La vita di strada ti incattivisce, ti mette nelle condizioni, pur di sopravvivere, di sopraffare gli altri, di lottare per trovare un posto caldo dove dormire, e quindi di non aver paura di compiere qualsiasi tipo di azione. La cosa più difficile è stata senza dubbio la mancanza di cibo, cercare un riparo per la notte, avere vestiti che non mi permettevano di affrontare il freddo durante la stagione delle piogge e non potermi curare tutte le volte che mi sono ammalato proprio a causa di questi motivi. I mesi da giugno a settembre sono i peggiori per chi vive in strada. Cercare un posto dove proteggersi dalle precipitazioni è difficile, visto il numero di bambini che ne hanno bisogno, ed è questo il motivo per il quale le risse non possono essere evitate. Lottare per la sopravvivenza è una vera guerra. Non esiste equità, più sei forte più sopravvivi e, se non vuoi morire, in un modo o nell’altro devi trovare il coraggio di farti spazio.
Il mio desiderio di far male a mio padre era inarrestabile, ma la vita fuori di casa non era facile come desideravo. Dopo tanti anni, tutto questo diventava sempre più difficile. Dovevo lottare ogni giorno per la mia vita, ho iniziato a soffrire mai come prima la fame, la sete, ho subito molti incidenti nei miei tre anni e mezzo trascorsi per strada, e il mio futuro era sempre più oscuro e privo di ogni speranza. Mi ricordo ancora quel giorno, o meglio quella notte, quando ho sentito la voce dell’invito da parte del centro Smiling Children Town di Abba Marcello. Non ho esitato ad accettare e con molta gioia ne sono entrato a far parte. Era tanto tempo che non ricevevo così tanto amore. Le cure, l’affetto, la solidarietà, l’educazione e le opportunità che ho ricevuto dal centro hanno cambiato enormemente il mio modo di guardare il mondo. Ho iniziato ad andare a scuola, con i ragazzi con cui vivevo tutti i giorni ho incominciato ad instaurare dei rapporti che non si basavano più sul prevaricare l’uno sull’altro e piano piano ho capito che, come era stata concessa a me un’opportunità dopo il tanto male che avevo fatto per strada, forse anche io dovevo riflettere sul mio desiderio di vendetta contro mio padre. Per la prima volta qualcuno si era preso cura di me: attraverso un grande sostegno psicologico e gli insegnamenti morali degli educatori, ho pian piano lasciato alle spalle l’odio e, con un po’ di tempo, sono riuscito a perdonare mio padre per quello che aveva fatto a mia madre e a tutta la mia famiglia. Aiutarlo ad uscire dalla dipendenza dell’alcool gli ha ridato vita ed amore nei nostri confronti, proprio come il centro aveva fatto con me. Il supporto psicologico e gli insegnamenti morali che ho ricevuto hanno decisamente aiutato la mia persona, ho imparato molto e sviluppato un senso di amore, cura, affetto, solidarietà, rispetto delle famiglie, degli anziani e degli altri, che prima non conoscevo.
Devo ringraziare in particolare il direttore Wondesen e tutto lo staff di educatori che mi ha seguito. La mia vita è cambiata molto e il mio cuore è tornato a provare amore anche nei confronti di mio padre. Lo Smiling Children Town center è la mia seconda casa. Grazie a Dio ed al tempo, la vendetta si è trasformata in perdono e oggi, che sono diventato io stesso uno degli educatori, sento il dovere di salvare la vita di altri bambini che hanno deciso di vivere per strada, perché qualsiasi ragione possano avere per lasciare la famiglia non devono mai perdere di vista il dono dell’amore, che è l’unico vero rimedio a tutti i nostri problemi. Da educatore, oltre a dare ai più piccoli assistenza, cure e consigli, ho imparato che bisogna essere sensibili e delicati per rispettare la loro dignità e le loro scelte. Insegno loro anche il rispetto del prossimo attraverso piccoli gesti quotidiani. Con tutti gli altri educatori invitiamo i ragazzi all’onestà e a dire la verità senza mai aver paura. Cerchiamo inoltre di trasmettere l’importanza di essere puntuali e del prendersi cura dei luoghi comuni come il salone, gli spazi esterni e i dormitori, proprio perché, in virtù del nostro passato, siamo coscienti che il mondo che li aspetta fuori richiede serietà ed educazione ed è quindi nostro dovere proteggere i sogni dei nostri fratelli più piccoli. La mia storia mi ha insegnato proprio questo: quando sei solo ad affrontare la difficoltà è difficile riuscire a trovare il senso più autentico della vita. Oggi posso invece dire che vedo per me un futuro luminoso, pieno di desideri e consapevolezza, e che, grazie all’educazione e al mio percorso scolastico, potrò dare il mio contributo per il bene del centro stesso, per renderlo un posto ancora migliore di come l’ho trovato quando sono entrato.
Se ripenso a tutto ciò che ho dovuto affrontare nel mio passato, se chiudo gli occhi e rifletto su come io possa aver perdonato mio padre, dopo il male che avevo ricevuto, se sono convinto che il rapporto tra i miei genitori e noi figli sia diventato stupendo anche grazie alla mia testimonianza, non posso che credere che ciò che facciamo ha un impatto concreto sulla vita degli altri. Comportarsi bene non fa bene soltanto a noi stessi, forse questo significa essere educatori, forse questo significa in parte essere felici.
Dio benedica tutti noi e ci aiuti a proteggere tutti coloro che nel mondo soffrono: loro ne hanno il diritto, noi abbiamo il dovere di farlo. •