Recanati, 4 settembre 2022 – “Di me sarete testimoni”, il tema dell’incontro degli amici delle Missioni dei Cappuccini delle Marche.
di Giuseppe Pacini
La riflessione introduttiva del XXXVI Convegno ha avuto come titolo “Di me sarete testimoni”(At 1,8).
Tanti i presenti per ascoltare il relatore della giornata, fra Fabio Furiasse, archivista provinciale, che con grande passione ha affrontato il tema partendo dalla parabola del buon samaritano, cercando di far comprendere cosa significhi essere testimoni autentici di Cristo.
Chi è il mio prossimo? Questa è la domanda che ha accompagnato tutta la riflessione e che non può non collegarsi al servizio che tutti i missionari, tutti i collaboratori e i volontari del segretariato svolgono in sostegno dei nostri fratelli dell’Etiopia e del Benin. Anche papa Francesco – ci ha spiegato fra Fabio – si sta sforzando di far ricominciare i cristiani dall’ abc, ricordando non le cose grandi che noi cristiani siamo tenuti a fare in quanto cristiani, ma quello che tutti gli uomini in questa confusione generale hanno dimenticato. “Amare il prossimo come te stesso” (cf. Mt 22,39) è una cosa che ogni uomo riesce a capire, credente o non credente. Basta avere un po’ di cervello per comprendere che non c’è altro modo di stare al mondo. Non si possono voltare le spalle a chi ci chiede aiuto. Cosa possiamo rispondere a questa chiamata? Il convegno ha anche questo grande scopo: dar voce e senso alla testimonianza di persone che attraverso la loro vita cercano di curare le ferite del mondo.
Dopo due anni di pandemia era poi importante far capire che, nonostante le grandi difficoltà che affliggono ogni parte del mondo, il sostegno dei frati ha cercato sempre di fronteggiare le criticità che si sono presentate. Fra Francesco Pettinelli, segretario delle Missioni Estere, ha voluto tranquillizzare tutti i benefattori perché finalmente, dopo questo lungo stop, lui e i ragazzi del segretariato sono riusciti a ripartire per incontrare tutti i bambini del progetto “Adozione a Distanza”.
Tra i vari interventi che hanno preceduto le testimonianze c’è stato quello del sindaco di Recanati Antonio Bravi, che ha confermato la sana collaborazione con i frati, entusiasta nel vedere le tante attività svolte nel convento.
Dal Benin all’Etiopia quindi per capire ciò che è stato fatto negli anni e quelle che sono le esigenze primarie di questo tempo difficile e incerto per tutti. Sempre fra Franceso ha introdotto la missione del Benin lasciando poi la parola a fra Luigi Coppari.
“Ogni convegno è anche e sempre un incontro di gioia tra tanti fratelli e sorelle impegnati nell’azione missionaria, ma quest’anno” – ha affermato fra Luigi con molta commozione – “tale gioia è stata velata dalla scomparsa improvvisa e tanto dolorosa del nostro caro amico, fratello e padre, Giulio Pierani, che per oltre 20 anni si è occupato della formazione dei giovani frati e delle nuove vocazioni”. Inoltre, facendo il punto della situazione, ci ha detto che in totale, tra professi perpetui, professi temporanei, novizi e postulanti, sono 79 i frati che hanno scelto di seguire la regola di san Francesco.
Tante le azioni pastorali e altrettante quelle in sostegno delle famiglie in difficoltà. Tra tutti i progetti sono stati ricordati i bambini spaccapietre, i bambini dell’orfanotrofio di Djeffà e i ragazzi del Foyer di Ina. Spiegando ciò che di bello è stato fatto, fra Luigi non ha nascosto che continua la preoccupazione, che li accompagna da tempo, di trovare forme di autofinanziamento che possano alleggerire la forte contribuzione della provincia madre attraverso questo Segretariato delle Missioni.
Continuando ancora con la missione del Benin, Giuseppe ha raccontato invece di due iniziative, una proposta dalla famiglia di Paolo Frifrini ed una presentata già lo scorso anno e che ha preso il nome di “Un chicco di vita”, in ricordo del piccolo Francesco. Entrambe le famiglie, dopo aver toccato con mano una delle più grandi sofferenze che la vita può presentare, ovvero la scomparsa di un figlio, hanno deciso di trasformare tutto ciò in opere di bene e luci di speranza. La famiglia di Paolo Frifrini ha finanziato per intero la costruzione di un pozzo, dedicato proprio al loro figlio scomparso, nel villaggio di Soubo, nel nord del Benin, con lo scopo di portare acqua potabile ad oltre 4.000 famiglie. I beneficiari – ha spiegato Giuseppe – saranno in primis i bambini perché, non dovendo più percorrere chilometri e chilometri per raggiungere fonti d’acqua pulita, potranno impiegare il loro tempo per andare a scuola mettendo le basi per un futuro ricco di speranza. “Grazie invece ad una raccolta fondi sostanziosa da parte di Stefania, Pierpaolo e Matilde in ricordo del loro piccolo Francesco, siamo riusciti a portare a termine la costruzione dell’asilo all’interno del nostro orfanotrofio di Djeffà” – ha detto Giuseppe – “che verrà inaugurato nei prossimi mesi e che accoglierà circa 70 bambini”. Un doveroso ringraziamento infine è andato a Gianluigi, un ragazzo che collabora con il Segretariato della Sardegna, che a giugno ha trascorso circa un mese in terra di missione e che è venuto a Recanti proprio per portare la sua testimonianza. Gianluigi ha raccontato che ha deciso di partire proprio per vedere se i soldi arrivassero a destinazione: quel sano senso di poca fiducia che accompagna tutti coloro che cercano di far del bene, ma che, essendo l’Africa lontana, non hanno mai la certezza che l’impatto sia concreto. Dopo aver visto tutto ciò che i frati hanno fatto negli anni, dopo aver partecipato all’inaugurazione del pozzo a Soubo, e dopo aver incontrato i tanti bambini dei quali aveva soltanto sentito parlare, con molta gioia ci ha raccontato di quanto la sua testimonianza, oltre a tranquillizzare sé stesso, abbia portato i frutti anche nella vita di tutti coloro ai quali ha raccontato di ciò che ha vissuto.
La cosa che più lo ha colpito, ci ha detto Gianluigi con un grande sorriso, è il fatto di aver visto come la carità sia per tutti e di tutti, a prescindere dalla religione, raccontando di aver visto situazioni al limite della sopravvivenza e che ciò lo ha fatto tornare a casa con la voglia di dar valore a tutto ciò che prima, a causa della frenesia della vita, dava per scontato; ha concluso poi che, nonostante l’ansia di prendersi la malaria, che lo ha accompagnato durante tutto il viaggio, il senso di fraternità, di fede, di amore, visti attraverso i gesti quotidiani dei bambini più grandi verso i più piccoli e l’incontro con i 44 bambini dell’asilo sostenuti dai suoi amici della Sardegna, gli hanno fatto vivere un’esperienza indimenticabile e al suo ritorno ha convinto tante altre persone a collaborare con i progetti e con le adozioni. “Insomma la mia vita è cambiata – ha affermato Gianluigi – e non riesco a dare più niente per scontato”.
Dal Benin all’Etiopia. Presente al convegno c’era anche il Ministro provinciale dell’Etiopia, Gebrewold Gebtretsadik, che con una lettera ha ringraziato tutti per il sostegno dato in questi anni di pandemia e guerra civile. Parlando della guerra ha affermato poi che stiamo originando un luogo diverso da come era stato immaginato da chi l’ha creato: il desiderio è quello di migliorare per contribuire alla costruzione di un mondo migliore per tutti.
Prima della celebrazione fra Francesco ha desiderato ringraziare prima tutti i frati che sono stati missionari, tra i presenti Tommaso Bellesi che per 42 anni è vissuto in Etiopia, poi quelli che qui a Recanati lo aiutano a portare avanti tutte le attività: fra Casimir del Benin, fra Joseph e fra Raja dall’India, e fra Tenejà dall’Etiopia. Proprio quest’ultimo ha salutato con una lettera, prima di ripartire per la sua amata Etiopia, tutti coloro che lo hanno accompagnato in questi due anni: “C’è un tempo per incontrarsi ed un tempo per dirsi addio, ora è il tempo di salutarsi ma non quello di dimenticare”. Queste le parole di saluto di un fratello umile e di una gentilezza senza fine.
Gli ultimi ringraziamenti di fra Francesco sono andati a Marco e Claudio del “Villaggio dei ragazzi sorridenti” di Pesaro, ad Abba Marcello e Wondese per il loro servizio nel centro dei bambini di strada e a Carmelo e Giovanna con il loro gruppo di Domodossola, non solo per il loro aiuto, ma soprattutto per la loro amicizia.
“Fatevi portavoce, ve lo dico col cuore, più siamo e più possiamo fare”: questo l’invito che ha lasciato spazio alla celebrazione della santa messa e al pranzo conviviale.•