Cappuccini Marche

Maskegno: l’amore per la propria terra oltre ogni opportunità di salvezza

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Una bambina di undici anni determinata a restare nel suo misero tukul nel povero villaggio dell’Etiopia per conservare il ricordo di suo padre morto

Dopo una partenza come tante altre nel corso di un nostro viaggio missionario in Etiopia, il 7 marzo un giorno particolare ci aspetta ad Eddo. La missione è circondata da campi arati e poveri tukul, l’accoglienza è di casa. Per tutta la mattinata ci servono caffè caldo, granoturco arrostito e ceci tostati.

Dopo tanti sorrisi, giochi e scherzi con la lunga fila di bambini in attesa di ricevere il loro contributo, vediamo arrivare verso di noi Maskegno, una triste e timida ragazzina di undici anni a darci la brutta notizia che sua sorella, già nel nostro progetto di adozioni, è scomparsa dopo la morte della mamma vedova. A differenza di molti altri bambini che spesso fingono di essere i loro fratelli morti pur di continuare a ricevere il nostro sostegno, Maskegno con il suo sguardo timido e al tempo stesso già maturo ci racconta con sincerità della sua sorellina. Commossi dalla tragica situazione, noi volontari decidiamo subito di adottarla grazie a Martina.

Al termine della giornata la accompagniamo a casa e vediamo con i nostri occhi la totale indigenza della sua dimora però accudita con estrema cura e orgoglio. Al nostro arrivo decine di persone accorrono a noi e si mostrano gentili e affettuosi con la piccola Maskegno, che però vediamo incerta e impaurita. Ci viene il dubbio se queste persone siano realmente affettuose nei confronti di Maskegno oppure solo attratte dalla nostra presenza. Il nostro primo pensiero è quindi quello di trovare per lei un’alternativa, la incontriamo una seconda volta per conoscerla meglio e valutare come poterle garantire una sistemazione per una vita decorosa. In modo un po’ impacciato e timoroso inizia a confidarci che in realtà sua mamma non è morta, ma fuggita via con un altro uomo in un villaggio lontano da Eddo, abbandonando le sue due figlie. Purtroppo nelle consuetudini etiopi non è consentito ad una donna portare con sé i propri figli in un secondo matrimonio. E’ per questo che la sorellina di Maskegno è scomparsa, perché scappata da casa per andare alla ricerca della sua mamma mentre Maskegno è rimasta a vegliare la loro umile sistemazione, proprietà del padre a cui ci ha detto essere profondamente legata. Questa la ragione per cui sin da subito la piccola Maskegno ha rifiutato la nostra proposta di trasferirsi a Soddo, una città più grande, dove avrebbe potuto essere accolta da una casa famiglia con la possibilità di studiare, imparare un mestiere e costruirsi un futuro dignitoso. Da questa sua reazione immediata, convinta e sicura abbiamo compreso quanto fosse per lei importante restare li, nella sua terra, senza chiedere in cambio nulla, solo di essere aiutata ad avviare la produzione di vasi in terracotta, l’unica attività in grado di fare, per potersi mantenere.

Toccati profondamente dalla sua determinazione a soli undici anni decidiamo che il modo migliore per starle accanto è quello di costruire lì per lei, nella sua amata terra, una casa dove poter vivere con decoro e sicurezza. Casa che le garantirà non solo un alloggio ma anche una considerazione nella società, anche in occasione di un eventuale matrimonio dove il rispetto nei suoi confronti sarà sicuramente maggiore in quanto proprietaria di un’abitazione tutta sua. Nel momento in cui condividiamo con lei la decisione, la gioia e il sollievo che vediamo nei suoi occhi è indescrivibile e impagabile.

“Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso.”. Come nelle parole di Luis Sepulveda, cosi è stato per noi nell’incontro con Maskegno, una bimba già donna con il sogno di continuare a vivere nel villaggio del padre morto per conservarne il ricordo, che ci ha fatto ricordare che con testardaggine dobbiamo sempre umilmente affermare quello che desideriamo. E se è vero che “non sono le persone a fare i viaggi ma i viaggi a fare le persone (John Steinbeck) di sicuro questo viaggio che ci ha fatto conoscere Maskegno ci ha fatto delle persone capaci ancora di più di “aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un dono, anche il povero sconosciuto” (Papa Fracesco).


. A cura di Fabiola Bedini, Voce Francesca 2017§

 




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